I dispositivi di protezione individuale (DPI), prima del Coronavirus denominati anche “APVR”, erano stati progettati per fare in modo che i lavoratori fossero protetti dalla possibilità di inalare sostanze pericolose. Agli apparecchi di protezione delle vie respiratorie si fa ricorso nel momento in cui non esiste modalità alternativa di protezione collettiva.
Sia nell’ambito professionale che comunitario si parla di misure organizzative e tecniche adeguate per prevenire il rischio: per questo nel caso del Covid si è scelto di contenere la pandemia attivando l’obbligo di indossare la mascherina, oltre a tutte le norme da seguire per fare in modo che il virus possa essere sconfitto.
Quando si sceglie di acquistare mascherine protettive su Maskhaze, su un qualsiasi shop online o in negozi dedicati alla vendita di dispositivi di protezione, bisognerebbe capire il tipo di mascherina da utilizzare; tener conto di vari fattori e soprattutto, per certi tipi di lavoro, capire qual è il dispositivo corretto per le proprie esigenze, verificando il tipo di rischio che si corre a livello professionale.
Per fare la scelta più giusta ci sarà bisogno di tenere come riferimento l’adeguatezza, ovvero fino a che livello la mascherina può offrire protezione, e accertarsi dell’idoneità dal punto di vista di fattori come quello ergonomico, termico e via dicendo.
Scegliere la mascherina in base alle esigenze
L’Associazione italiana degli igienisti industriali (Aidii) fornisce indicazioni utili sul tipo di mascherina da indossare in base al tipo di lavoro.
Già nel mese di maggio l’Aidii aveva pubblicato un documento intitolato “Indicazioni per la tutela della salute dei lavoratori nel contesto dell’emergenza Covid-19” nel quale si apprestava a classificare i tipi di rischio; questo dipende dall’attività svolta e dal possibile contatto con soggetti sospettati per sintomi o infetti.
La classificazione è stata elaborata in collaborazione con il dipartimento di Scienza e alta tecnologia dell’Università dell’Insubria, si divide in quattro fasce: rischio molto elevato, rischio alto, rischio medio e basso.
- I lavoratori nella categoria “rischio molto elevato” sono gli operatori sanitari che si occupano di procedure mediche invasive e di raccolta di campioni; il personale tecnico che si occupa di autopsie e tutti coloro i quali assistono ad operazioni odontoiatriche o che includano la generazione di aerosol.
- I lavoratori ad alto rischio rappresentano la categoria del personale dedicato all’assistenza sanitaria come gli operatori del servizio di ambulanza impegnati nel trasporto in veicolo chiuso; sono incluse anche le persone che si occupano della cremazione o della sepoltura.
- Il rischio medio di esposizione riguarda comunque persone a contatto con pazienti infetti o sospetti di esserlo ma che possano operare ad una certa distanza da questi. Si tratta di addetti alla sicurezza o alla consegna di merci, operatori dell’ordine pubblico e personale addetto alla vendita.
- La categoria a basso rischio riguarda anche la popolazione generale e comunque tutti quelli che svolgono un lavoro per cui non è richiesto il contatto frequente né ravvicinato con il pubblico o con persone potenzialmente infette.
Nel documento si trova una specifica importante: “L’uso di mascherine medico-chirurgiche o di dpi per le vie respiratorie aggiuntivi a quelli eventualmente già in uso non è raccomandato per i lavoratori a basso a rischio di esposizione. I lavoratori dovrebbero continuare a utilizzare il dpi che normalmente userebbero per le normali attività lavorative, qualora previsti”
Mentre per i lavoratori a rischio medio di esposizione al virus ci potrebbe essere bisogno di combinare all’uso della mascherina altri DPI come guanti, visiere, occhiali e camici adatti. Tutto varia sempre in base all’attività da svolgere.
Inoltre, gli esperti aggiungono: “Si raccomanda ad ogni modo di seguire rigorosamente e scrupolosamente – anche negli ambienti di lavoro – tutte le indicazioni relative ai comportamenti e le precauzioni generali da tenere in luoghi pubblici e in ambiente domestico disposte nel contesto dell’emergenza da Covid-19”
Testimonianze dagli operatori ad alto rischio
Giuseppe Cipolla, responsabile di pneumologia dell’Azienda sanitaria di Lodi, racconta anche a nome dei suoi colleghi, l’esperienza che si è trovato ad affrontare nei primi giorni di crisi dovuti alla diffusione del Covid-19. Il dottore descrive come in pochi istanti è passato dalla situazione di normalità, alle ferie, per poi tornare in ospedale ed essere sommerso dall’emergenza.
A quanto pare il dottor Cipolla e colleghi erano costretti a lavorare senza sosta dalle 7 del mattino all’una di notte, sette giorni a settimana. Condizioni mai vissute nell’arco della sua carriera sia per gravità che per numero di pazienti. Tutto ciò ha avuto sicuramente anche effetti negativi sulla psiche e la salute mentale dei lavoratori.
In poche ore gli operatori sanitari si sono trovati a dover gestire corsie affollate, ricoveri in serie e pazienti bisognosi di supporti respiratori. Era successo anche in altri ospedali di zona, costretti a chiudere, quindi confluivano una serie di malati provenienti da comuni limitrofi.
Sembrerebbe che da tutta Italia abbiano cercato di aiutare, giungendo in soccorso dal San Raffaele, dal Fatebenefratelli, dal Niguarda … perchè il dottore e i suoi colleghi non solo erano in prima linea ma si trovavano a fronteggiare le prime esperienze di emergenza sanitaria in Italia, dovute al Coronavirus.
Tutto è stato riorganizzato in base a quanto accadeva: i reparti divisi per gli infetti dal virus, a seconda della gravità; è stata potenziata la terapia intensiva che attualmente può ospitare fino a 23 posti; sono stati creati accessi diversi per i Pronto Soccorso e anche l’attività ospedaliera “normale” ha potuto avanzare secondo le necessità.
La riorganizzazione dell’ospedale Lodigiano è servita come esempio per molti altri che successivamente si sono trovati a fronteggiare più o meno le stesse difficoltà. Le mascherine sono sicuramente state d’aiuto.